A Como chiudono 18 cucine

Stemma di ComoAnche Como si aggiunge al lungo elenco di realtà dove il tema delle mense scolastiche sta diventando un questione attorno alla quale genitori e amministratori sono costretti a confrontarsi in maniera sempre più accesa.
Le novità in vista sono due: l’idea di accorpare le 18 cucine che ad oggi servono le scuole comunali – 4500 pasti giornalieri, già frutto di una prima razionalizzazione che negli anni scorsi portò alla soppressione delle strutture che servivano meno di 100 pasti giornalieri – in un unico centro cottura, dal quale ogni giorno e su più turni partirebbero 6 furgoni che consegnerebbero sul territorio i pasti. Dall’altra la rivisitazione dei menu concordata con l’ASL di competenza che – rifacendosi a statistiche che dimostrerebbero nei bambini l’aumento dei tassi di soprappeso e obesità – vorrebbe ridurre la grammatura delle porzioni, ridimensionare l’utilizzo di condimenti come olio, parmigiano e sale, e inserire nuove materie prime – legumi in primis – al posto della carne.

Ma veniamo per ordine.


L’accorpamento dei centri cottura è stato ufficializzato lo scorso venerdì 13 novembre nell’ambito di un’assemblea aperta alla cittadinanza. Non che i numerosi cittadini presenti non se l’aspettassero; quello  che ci si immaginava era un maggior margine di contrattazione. In buona sostanza le cose invece sono state presentate come una decisione già presa, dettata dall’esigenza di razionalizzare le spese oltre che dallo stato di alcune strutture ormai lontane dalle norme di sicurezza dettate dagli organi preposti.
A fronte di un costo annuo di circa 1 milione e 800mila euro, con una morosità definita “fisiologica” e una quota parte coperta dalle rette scolastiche dell’87%, per il Comune la nuova strategia comporterebbe un risparmio di 350/400mila euro circa, dovuto al taglio di una quarantina di dipendenti a contratto determinato, oltre a una maggiore scontistica sugli acquisti delle derrate alimentari.

Razionalizzazione dei costi che – è notizia di ieri giovedì 18 novembre – potrebbe anche concretizzarsi in un alleggerimento del bollettino stimato attorno al 15%.

Scontata la reazione dei genitori, che temono un abbassamento della qualità del servizio, per quanto l’assessore comunale alle politiche scolastiche Silvia Magni abbia assicurato un miglioramento qualitativo dello stesso, oltre a garantirne la fattibilità nel rispetto dei 30 minuti massimi che le norme di comportamento prevedono per la consegna di un piatto caldo.

Rassicurazione che il Comune dice di aver già testato sul campo con simulazioni ad hoc, che però nella tentativo realizzato ieri dal quotidiano locale “La Provincia” ha richiesto ¼ d’ora in più per essere portato a termine.


Ad allarmare ancora più i genitori è però la scelta dell’ASL di rivisitare i menù. Troppo spesso alcuni piatti non vengono neppure assaggiati  e i ragazzi arrivano a casa a metà pomeriggio con una fame “necessariamente tamponata” con quanto di più facile e veloce si riesce a rimediare nella dispensa, merendine e panini. Per monitorare la situazione e disporre di dati precisi sui quali confrontarsi è nata un’iniziativa che sembra piacere a genitori, docenti, dirigenti comunali e anche all’assessorato di competenza: istituire un registro di gradimento delle mense cittadine. In pratica sarebbero i bambini stessi a indicare – giorno per giorno e appena rientrati in classe – quanto hanno consumato di ogni singolo piatto.
I dati verrebbero poi incasellati in una statistica che a lungo termine sarebbe capace di indicare l’indice di gradimento di ogni portata ma anche la curva di crescita del gradimento stesso legato al singolo piatto, che avrebbe quindi modo di essere metabolizzato, promosso o bocciato in seguito a una serie di riproposizioni e non al primo assaggio.

Iniziativa che sembra piacere a tutti, che costringe la refezione scolastica a mettersi in gioco e confrontare “sul campo” il successo e l’insuccesso dei propri menù, ma sulla quale l’ASL – non a caso la struttura alla quale tocca mettere a punto i menù e che al momento si è sempre trincerata dietro l’obbligo/dovere di rispettare indicazioni  di respiro nazionale – non si è ancora espressa.
Un sottrarsi al confronto talmente mal recepito dalle famiglie che – se perpetrato nel tempo – potrebbe portarle a iniziative di protesta.

Marco Corengia
Comitato genitori scuola elementare Via Giussani, Como