Cassazione e pasto da casa, facciamo chiarezza

Pasto da casa

Sulla sentenza delle Cassazione depositata il 30 luglio 2019 sul pasto da casa, sono uscite molte informazioni che hanno dato adito ad interpretazioni non del tutto corrette. Insieme all’avvocato Alessandra Bircolotti, che a Perugia, e non solo, ha gestito diversi aspetti legali che riguardano la mensa, proviamo a chiarire i punti essenziali della sentenza della Cassazione che si è espressa sulla questione del pasto da casa.

La sentenza della Cassazione non parla di ‘obbligo di mensa scolastica’, ma fa riferimento al pasto da casa in relazione al diritto. Afferma che l’autoreferezione (il pasto da casa) non è configurabile come un ‘diritto soggettivo perfetto e incondizionato’. Su questo aspetto abbiamo chiesto all’avvocato Bircolotti alcune delucidazioni.

Cosa significa che il pasto da casa non è un ‘diritto soggettivo perfetto e incondizionato?

Risponde l’avvocato Bircolotti: ‘il fatto che la Cassazione affermi che l’autorefezione non sia un diritto soggettivo perfetto e incondizionato non vuol dire che non sia tutelabile dinanzi al Tar o che non si possa dialogare con la scuola. ‘

E’ questo quello che intende la Cassazione nella conclusione della sentenza in riferimento ai genitori che ‘possono esercitare diritti procedimentali, al fine di influire sulle scelte riguardanti le modalità di gestione del servizio mensa, rimesse all’autonomia organizzativa delle istituzioni scolastiche, in attuazione dei principi di buon andamento dell’amministrazione pubblica’?

Non solo. I genitori, per far sì che la qualità migliori, possono partecipare al procedimento manifestando alle amministrazioni le proprie richieste che dovranno essere prese in considerazione e valutate così che la disciplina di gara tenga conto delle loro richieste. Quanto al pasto da casa, la questione si sposta dall’Amministrazione Comunale alla discrezionalità dei dirigenti scolastici che hanno la possibilità di riconoscere e disciplinare il pasto da casa nell’ambito dell’autonomia scolastica. E nel caso i dirigenti scolastici non riconoscano tale possibilità, si potrà ricorrere al TAR.

Quindi in pratica cosa succederà in tutte quelle scuole torinesi dove il pasto da casa domina rispetto alla mensa?

Là dove il pasto da casa è stato disciplinato dall’istituzione scolastica ed è entrato a pieno regime nella scuola non cambierà nulla, perché si è già realizzato quello che indica la Cassazione nelle conclusioni della sentenza. Dove non è ancora disciplinato, ma è presente come realtà consolidata, starà ai genitori insieme alla direzione scolastica avviare un processo di regolamentazione.

La Cassazione nella prima parte della sentenza restituisce dignità alla mensa scolastica riconoscendole le finalità educative che la collocano come parte integrante del ‘tempo scuola’. In riferimento al servizio di refezione scolastica afferma che ‘esso condivide le finalità educative proprie del progetto formativo scolastico di cui esso è parte, come evidenziato dalla ulteriore funzione di cui detto servizio assolve, di educazione all’alimentazione sana, come previsto dal d.l. 12 settembre 2013, n.104 […] contiene norme per la sensibilizzazione delle istituzioni scolastiche a “Tutela della salute nelle scuole” prevedenti l’elaborazione di programmi di educazione alimentare da parte del Ministero della Salute, d’intesa con il Miur‘ dove si esprime una ‘socializzazione che è tipica della consumazione del pasto insieme, cioè in comunità’.

Condivide questa identità della mensa scolastica italiana?

La Cassazione esprime il modello di mensa così come dovrebbe essere ovunque: una mensa buona, sana che promuove percorsi di educazione all’interno della didattica ed educazione al gusto in refettorio. Il problema sorge quando la qualità della mensa non è quella richiesta dai genitori, ma è inadeguata e ad un costo inaccessibile alle famiglie. Sono questi i due motivi chiave che hanno portato al fenomeno del pasto da casa, prima come strumento di protesta, poi, in assenza di soluzione ai problemi, è diventato l’obiettivo’.

Si tratta di ‘motivi’ che anche il nostro osservatorio ha ben documentato anche attraverso il rating di questi anni. In qualche realtà abbiamo registrato alcuni cambiamenti importanti nella qualità dei pasti che hanno sciolto le tensioni tra genitori e Amministrazione, ma là dove si è preferito difendere a tutti i costi un servizio mensa di bassa qualità e costoso, blindandolo per quello che è, la querelle si è spostata nei tribunali.

Questa sentenza scioglierà le tensioni tra genitori e Amministrazioni o le alimenterà?

Chi ha intenzione di portare il pasto da casa e non trova nella direzione scolastica la disponibilità a regolamentare questa scelta potrà comunque valutare se avviare azioni legali perché resta la possibilità di tutelare la situazione dinanzi al Tar.

Intanto dalla pagina Facebook di caromensa Torino, il comitato genitori che da anni si batte per il pasto da casa, lancia una ‘chiamata alle armi’ che invita i genitori a non mollare. È già pronto per un copia e incolla, il format di una lettera con la quale i ‘genitori del pasto da casa’ richiedono di ‘partecipare al procedimento amministrativo finalizzato alla individuazione di una soluzione rispettosa della legislazione vigente che faccia coesistere i pasti di preparazione domestica con il servizio di risultati collettiva.’

La tensione sale ancora prima dell’inizio dell’anno scolastico, che probabilmente, si aprirà all’insegna di nuovi contenziosi legali. Quello che è chiaro, tuttavia, è che questa dialettica si sposta definitivamente all’interno della scuola, mentre il Comune rimane esterno a questo tema, pur essendo il soggetto che si occupa dell’erogazione del servizio. Quello che ci si auspica che possa veramente succedere è che l’attenzione si sposti dal piano legale alla soluzione dei problemi di fondo della mensa scolastica. L’obiettivo ribadito dalla Cassazione di una mensa buona, sana ed educativa, che è difficile trovare in Italia, si potrà raggiungere con un nuovo modello di mensa. Un modello innovativo e partecipato, come indica la Cassazione quando afferma che i genitori devono poter ‘ influire sulle scelte riguardanti le modalità di gestione del servizio mensa’ necessario per ricostruire un rapporto di fiducia che investe inevitabilmente la relazione tra cittadini e istituzioni, che oggi s’incontrano e si scontrano soprattutto nelle aule dei tribunali. Sarebbe quanto mai opportuno, in questo momento, cogliere questa indicazione della Cassazione per aggiornare le nuove linee guida della ristorazione scolastica (ferme al 2010) per dare un nuovo impulso alla mensa come espressione degli interessi di tutti gli stakeholders, in primis i bambini.