Mense scolastiche: la fine del monopolio?

Fino ad oggi la gestione del servizio di ristorazione scolastica si è retta su un’asse consolidata: un comune, un fornitore. In provincia di Napoli, invece, il Sindaco di San Giorgio a Cremano ha inviato una lettera formale a tutti i dirigenti scolastici a cui chiede se vogliono continuare ad usufruire del servizio comunale o meno. Si lascia intendere nella lettera la possibilità per le scuole di organizzarsi con un catering autonomo e parallelo a quello del comune. Il casus belli che ha generato questa domanda è stato il caso di una scuola che ha attivato un servizio alternativo alla mensa comunale per andare incontro a quelle famiglie che, risiedendo formalmente fuori dal comune, non avrebbero potuto beneficiare delle agevolazioni legate all’ISEE e rischiavano di pagare una tariffa doppia. Il principio di uguaglianza, inteso come diritto alle pari opportunità, e inclusione ha spinto la dirigente a trovare una soluzione per non discriminare una parte della propria utenza. In questo modo nella stessa scuola coesistono due fornitori, quello comunale e quello selezionato con apposita gara d’appalto gestita dalla scuola.

Inutile dire che il servizio alternativo a quello comunale è stato sottoposto a tutte le verifiche del caso, ma, alla fine, anche l’Ufficio Scolastico Regionale Campania si è espresso con una nota indirizzata al Sindaco con la quale dichiara ‘possibile l’organizzazione autonoma anche in presenza di mensa gestita dal comune.’  E’ la fine di un monopolio? Come potrebbe cambiare la gestione del servizio mensa? Lo abbiamo chiesto a persone che, a diverso titolo, conoscono i meccanismi del servizio di refezione scolastica.

Paola Trionfi, docente Master di alimentazione sostenibile presso Università degli studi di Padova, ristorazione collettiva AIAB, ricorda che ‘l‘autonomia di alcuni istituti può comportare la gestione autonoma del servizio mensa, come avviene anche nel Comune di Roma’ dove fino a quest’anno gli istituti scolastici hanno potuto scegliere tra il servizio centralizzato o indire una propria gara d’appalto per un servizio uguale, ma con un’ azienda di ristorazione collettiva diversa. Dall’anno prossimo tornerà ad essere un servizio centralizzato con un operatore affidatario unico. A Roma ‘i due servizi non si sovrappongono, mantengono le stesse indicazioni del capitolato, cambiano i fornitori e la gestione interna‘.

Michela Facchinetti funzionaria promotrice di appalti verdi, ritiene che ‘se la scuola è in grado di fare un buon capitolato, di valutare bene le offerte e di controllare l’esecuzione questo, potrebbe semplificare l’accesso di aziende più piccole‘, tuttavia evidenzia eventuali rischi: ‘se nella stessa mensa operano due fornitori potrebbe crearsi una disparità tra gli utenti e questo non mi pare corretto‘.
Secondo l’avvocato Alessandra Bircolotti, che assiste le associazioni dei genitori di Perugia nella dialettica con il Comune per ottenere una mensa di qualità, sostiene che questa apertura ‘costituirebbe un’ottima opportunità di miglioramento del servizio e un forte stimolo per gli operatori affidatari a migliorarsi‘.
L’avvocato Vecchione, che difende il diritto delle famiglie di scegliere tra il servizio pubblico e l’autorefezione, ritiene che la scelta operata dal dirigente di San Giorgio Cremano, avallata dall’USR della Campania, non sia affatto rivoluzionaria, piuttosto rispolvera un concetto che era andato perduto. ‘Nella realtà, invece, gli istituti scolastici, ed in particolare i refettori, sono strutture delle scuole che devono e possono essere organizzate in piena autonomia dai dirigenti, orientati anche dalle decisioni prese dai Consigli di Istituto, in cui è rappresentata la componente genitoriale, cliente del servizio. Si tratta di strutture che non appartengono ai Comuni che in esse svolgono solo un servizio, seppure di indubbio supporto alla didattica.
Alla luce delle norme e dei principi sanciti dalla giurisprudenza, l’esistenza di un servizio parallelo gestito dalla scuola non potrà vanificare il diritto di scelta all’autorefezione, ma unitamente a questa potrà certamente servire da stimolo per un miglioramento del servizio pubblico, sotto il profilo economico e qualitativo. Infine, la possibilità per gli istituti di organizzarsi in autonomia – fermo il riconoscimento del diritto al “pasto da casa” – potrà consentire l’ordinario avvio del tempo pieno in quelle centinaia di scuole che lo prevedono, ma che non riescono a dargli concretezza  a causa delle inefficenze dei Comuni, incapaci di avviare un servizio pubblico sin dal primo giorno di scuola‘.
Un aspetto che ritorna frequente nelle cronache che riguardano la mensa è il fatto che tutte le iniziative che hanno segnato una ‘svolta’ nel servizio di refezione scolastica, sono avvenute a fronte di una problema di natura economica: l’aumento delle tariffe.