Mense scolastiche: storie, realtà e confronti

Menu MilanoI Comuni stanno progressivamente delegando il servizio di refezione scolastica a soggetti esterni (aziende partecipate o operatori economici del settore) che in cambio garantiscono efficienza e riduzione dei costi. Questo passaggio ha generato un conflitto incolmabile tra qualità e profitto spostando un servizio che dovrebbe essere al centro delle politiche sociali dei Comuni in opportunità di business per gli operatori del settore. Risultato? aumento degli sprechi per il degrado della qualità dei piatti e genitori arrabbiati con figli che escono da scuola con le pance vuote.
Proviamo a fare una semplice cronistoria delle mense scolastiche e con essa a spiegare perché si stanno diffondendo le commissioni mensa.

A Milano le prime commissioni mensa sono nate intorno agli anni ’70 con il nome ‘pane e latte’.  Era un momento di ‘passaggio’ perché la centrale del latte di Milano, fino allora di proprietà del Comune, era appena stata venduta alla Granarolo e da quel momento il latte non era più disponibile a titolo gratuito, quindi scomparve dalla tavola delle mense scolastiche. Era l’epoca in cui quasi tutte le scuole avevano una cucina interna, ogni scuola un cuoco e personale dipendente comunale, era tutto fresco (tranne il pesce). In maniera inversamente proporzionale con la chiusura progressiva di molti centri cucina nelle scuole sono aumentate le commissioni mensa: a Milano sono circa 2.500, ma anche nel resto della penisola i genitori ‘007 delle mense’ crescono e si organizzano.
Negli ultimi anni le mense scolastiche hanno cambiato pelle.
Per motivi economici e scelte politiche i Comuni hanno delegato a logiche economiche un servizio che appartiene per sua natura alle politiche sociali di una città. L’effetto ha prodotto risultati qualitativi sconfortanti e genitori scontenti. Spesso il ‘controllore’ del servizio scade in conflitti d’interesse ed ecco che la rete pullula di pagine facebook o blog di comitati mensa che cercano soluzioni o iniziative forti per uscire dal tunnel.
Se da un lato le aziende producono utile sul servizio di refezione scolastica, dall’altra l’elaborazione dei piatti si adatta a modelli industriali: mega centri cucina per ridurre i costi, cibo pronto all’uso, menu appiattiti su polpette, crocchette, hamburger, bastoncini,… cibo che ristagna per ore prima di essere servito in mensa.
I genitori dei vari comuni d’Italia si riconoscono negli stessi problemi e nasce spontanea la Rete dei comitati mensa, la newsletter, e confronti interessanti.
Il Menu a punti crea un po’ di imbarazzo: si va da menu super biologici, dove tutto è fresco e di stagione, a menu ‘plug and play’, scarta e consuma, fino a realtà fortemente sbilanciate su proteine animali.
Obiettivo dei genitori è quello di trovare standard qualitativi alti e comuni a tutti, arginare il processo di industrializzazione dei cibi in mensa, riconoscere e legittimare controlli dei genitori in maniera uniforme in tutti i Comuni, vincolare i Comuni all’applicazione concreta del PAN GPP, trovare un equilibrio etico tra qualità e profitto, riportare il servizio mense scolastiche al centro delle politiche sociali dei Comuni.

I genitori consapevoli non stanno più a guardare, ma entrano in gioco per cambiare le regole, per stabilire dei principi che mettano i bambini e la loro salute al ‘centro’ e fuori dalle logiche di business.