5° Rating menu 2019/20

Presentato il 10 novembre 2020 il 5° Rating dei menu scolastici di Foodinsider insieme all’indagine sulla mensa post-lockdown

Intervento di Francesca Rocchi, delegata per le mense scolastiche
Slow Food

Intervento di Claudia Paltrinieri, presentazione del 5° Rating dei menu
Direttrice Foodinsider

Intervento di Claudia Paltrinieri, indagine sulla Mensa Covid
Foodinsider

Intervento di Giulio Barocco sul potere nutrizionale del pasto a scuola
Azienda Sanitaria Universitaria Integrata di Trieste

Intervento dell’Onorevole Rossella Muroni
Vicepresidente Commissione Ambiente della Camera

COMUNICATO STAMPA
A presentare il 5° Rating menu in conferenza stampa su Terra Madre sono intervenuti l’On. Rossella Muroni, vice presidente della Commissione Ambiente della Camera dei Deputati, Claudia Paltrinieri, direttrice di Foodinsider, Francesca Rocchi, delegata per le mense scolastiche di Slow Food Italia, e Giulio Barocco, dell’Azienda Sanitaria Universitaria di Trieste.

La mensa pre-lockdown
A causa del lockdown l’indagine ha fotografato la situazione fino a febbraio, valutando l’equilibrio e l’impatto sull’ambiente di una cinquantina di menù scolastici italiani, rappresentativi del 28% circa del panorama della ristorazione scolastica a livello nazionale. Il Rating ha registrato un moderato sforzo verso proposte più sane e sostenibili: più legumi e meno carne rossa e alcune iniziative degne di nota contro lo spreco. Tra i migliori spicca ancora Cremona, con due opzioni di scelta e ricette sane e sfiziose, seguita da Fano, Jesi, Trento, Rimini, Bergamo e Mantova, che si posizionano nella fascia dell’eccellenza all’interno del Rating.

Valter Longo sceglie Trento come migliore menù scolastico italiano, mentre Franco Berrino preferisce Cremona. I due big dell’alimentazione sana e longeva, intervistati da Foodinsider, danno comunque un giudizio negativo sulla mensa italiana: in generale troppe proteine, tanti prosciutti e carboidrati. Il rischio è che sia la mensa a contribuire all’obesità infantile. «Pasta, lasagne, gnocchi e pizza tutti i giorni: questa dose di amidi, quindi di zuccheri, sicuramente aiuta i bambini italiani a essere tra coloro che hanno un record mondiale di sovrappeso e obesità. È ovvio che la base di questa condizione parte dalla scuola» puntualizza il prof. Longo, per cui l’indicazione è puntare di più sulle proteine vegetali ed educare a un maggiore consumo di verdure.

La mensa post-lockdown
Mangiare a scuola dopo il lockdown cambia. Si semplificano i menù e le ricette si appiattiscono su paste in bianco, al pomodoro o al pesto e pizze, scompaiono minestre e brodi e le polpette diventano bocconcini.

Menù semplificati, insieme all’assenza di controlli da parte dei genitori e all’invasione delle stoviglie monouso sono le note più dolenti. Sono soprattutto queste ultime a far crescere gli oneri economici per i Comuni e i costi ambientali, di cui non si tiene conto. La soluzione più green è quella di Venezia, dove i bambini sono abituati da anni a portare le stoviglie da casa, a cui si sono aggiunte la borraccia e la tovaglietta lavabile fornite dal Comune.

Di positivo c’è più silenzio mentre si mangia, sia in refettorio sia in classe, e un investimento sulla forza lavoro. Dopo anni di tagli del personale per la chiusura di cucine, introduzione di piatti processati ed efficienze di processo, si rende fondamentale aumentare la forza lavoro. Rimini ha assunto 12 persone e se ne fa un vanto.

Si allarga la forbice tra chi dà un valore sociale ed educativo alla mensa e chi la considera una commodity. Tra chi ritiene il mangiare a scuola sia uno strumento di ‘cura’ dei bambini e continua a cucinare, investendo sulle risorse umane, seppur con più difficoltà e maggiori costi, e chi privilegia i cibi ‘scarta e servi’ puntando all’efficienza del servizio.

«In epoca di pandemia le cucine e i cuochi stanno alla mensa scolastica come gli ospedali e i bravi medici stanno al Covid» sostiene Claudia Paltrinieri. «La nostra indagine dimostra che più sono diffuse le cucine sul territorio, più i cuochi sono formati e più è facile ‘curare’ l’alimentazione dei bambini che, in attesa di vaccini, è tra le migliori armi che abbiamo per proteggere la salute dei nostri figli».

Quindi diventa sempre più evidente «la necessità di promuovere una mensa capace di fornire ai bambini tutti gli antiossidanti, i polifenoli e le vitamine che i cibi devono avere per alimentare il sistema immunitario, come raccomandato da Oms e Fao» ha ricordato Giulio Barocco, esperto di sicurezza alimentare e nutrizionale integrata in ristorazione collettiva, «soprattutto oggi perché, per un numero sempre più alto di bambini, la mensa è l’unico vero pasto della giornata».

L’organizzazione della mensa «è una scelta strategica, una scelta che definirei politica e che dipende dalla cultura e dalla visione degli organi decisionali» commenta la vice presidente della Commissione Ambiente della Camera, Rossella Muroni. «Il cibo che portiamo a scuola è infatti un potente strumento di politica sociale, economica e ambientale con il quale si possono proteggere i bambini dalla povertà nutrizionale, dall’obesità e dalle malattie, rilanciando un’economia pulita sul territorio».

«Quando parliamo di mensa sana e sostenibile, infatti, non pensiamo solamente a menù realizzati con materie prime coltivate adottando modelli riconducibili all’agroecologia, ma pensiamo al contempo a filiere locali in grado di creare un’economia che generi ricchezza condivisa a beneficio della comunità, della salute delle persone che vivono un territorio, della tutela dell’ambiente e della salvaguardia del paesaggio» puntualizza Francesca Rocchi.

Un percorso già ben delineato dai nuovi Criteri ambientali minimi (CAM) che permetterebbero di realizzare quella comunità del cibo in grado di mettere la gambe a una rivoluzione sostenibile, comesostiene Foodinsider nel libro Mangiare a scuola, la rivoluzione sostenibile che cambierà il mondo, edito da Franco Angeli.

APPROFONDIMENTO

La mensa pre e post lockdown: come cambia il mangiare a scuola con il Covid-19

Il lockdown ha segnato uno spartiacque tra quello che eravamo prima dell’arrivo del Covid-19 e quello che cerchiamo di essere adesso in un contesto critico come la pandemia. Questo riguarda tutti e tutto, anche il mangiare a scuola. Il nostro osservatorio sulla mensa scolastica, che mappa da 5 anni i menù scolastici, ha monitorato il pasto fino a febbraio di quest’anno e da settembre ha avviato un’indagine qualitativa e quantitativa su come è ripartita la mensa dopo il lockdown. L’obiettivo di questa seconda indagine è registrare le criticità e le soluzioni messe in atto dai vari Comuni per risolvere il problema della sicurezza e mettere in condivisione le buone pratiche.

I menù pre-lockdown
La mensa pre-lockdown ha dimostrato un moderato sforzo verso menù più sani e sostenibili accompagnati da alcune iniziative per ridurre lo spreco in mensa. Tra i migliori menù rimane Cremona, seguito da Fano, Jesi, Trento, Rimini, Bergamo e Mantova che si posizionano nella fascia dell’eccellenza all’interno del 5° Rating dei menù scolastici.

Sostenibilità tra legumi e carni rosse
Uno sforzo per rendere i menù più sostenibili e sani emerge da un incremento dei piatti a base di legumi che timidamente registriamo insieme alla scelta, solo di alcuni Comuni, di ridurre la carne rossa, purtroppo ancora dominante. Più del 75% dei menù analizzati nel nostro panel propone con maggiore frequenza carne rossa rispetto alla carne bianca, in contrasto con le raccomandazioni dell’Oms che indicano di ridurne il consumo.

Incapacità di cucinare
Rimane evidente l’incapacità di elaborare i piatti, o la volontà di risparmiare sul tempo-lavoro, da parte di molte realtà che continuano a preferire proposte facili come pasta in bianco, salumi, formaggio, pizza, pesce processato. Il menù ‘carote a tronchetto, pizza e budino’ è una resa verso lo ‘scarta e servi’ in netto contrasto con chi può permettersi di elaborare ricette: c consa invernale,lasagne con pane carasao e ragù di verdure, dessert di mela con scaglie di cioccolato.

Il pesce
Il pesce è l’indicatore della capacità di cucinare e dell’approccio educativo della mensa. Da una parte ci sono i bastoncini, il tonno o il funny fish e dall’altro i filetti di alici fresche impanati al forno, gli spaghetti alle vongole, i gamberi arrosto. Si scontrano due visioni diverse di mensa: quella che acquista il pesce dalla Cina e quella che acquista il pesce fresco dell’Adriatico (Fano, Jesi, Macerata, Rimini, Ancona) o del Tirreno (Sesto Fiorentino) e poi lo elabora con ricette gustose. Tanto gustose che alcune ricette di pesce proposto in mensa ora sono un prodotto in vendita nella grande distribuzione nelle Marche.

Lo spreco
Aumenta la sensibilità dei Comuni per ridurre lo spreco in mensa. Il fattore chiave è la pesatura degli scarti. A Montpellier, in Francia, dove è stata sviluppata negli ultimi 5 anni una mensa sostenibile legata al territorio, hanno risolto il problema degli scarti installando il table de tri, un tavolo dove i bambini smistano i rifiuti buttandoli nel contenitore di riferimento che li pesa automaticamente. La pesatura è infatti il punto di partenza per capire e risolvere il problema del food waste, come suggerito dal progetto Reduce.

A Bolzano da qualche anno la pesatura e registrazione degli scarti ha permesso di cambiare gli abbinamenti e le ricette, mentre a Bologna grazie al progetto per ridurre gli scarti è stata introdotta la frutta a merenda, che è uno dei fattori che incide positivamente nel migliorare il consumo del pasto. A Macerata, invece, sono i cuochi che verificano a vista gli avanzi e rimodulano le ricette, mente a Sesto Fiorentino si usa un tablet per registrare e analizzare gli scarti e attivare iniziative risolutive.

Valter Longo e Franco Berrino: menù scolastici e rischio sovrappeso Abbiamo sottoposto all’attenzione del prof. Valter Longo e del prof. Franco Berrino alcuni menù del nostro panel per identificare il migliore. Critica la posizione del prof. Longo verso lo standard nei menù scolastici italiani, troppo ricchi di proteine e di carboidrati come pasta, riso, pizza, gnocchi e lasagne, che si trasformano in amidi e quindi zuccheri: due condizioni che sono tra le principali cause di obesità e sovrappeso. Per Franco Berrino è necessario smontare le cucine industriali ed eliminare i cibi processati, per tornare a cucinare all’interno delle scuole proponendo piatti in linea con le indicazioni del World Cancer Research Fund e le Raccomandazioni dell’Oms.

L’alimentazione dei bambini e il lockdown
Mangiare a scuola rappresenta l’unico pasto bilanciato della giornata per oltre il 12% dei minori in condizioni di povertà assoluta (Istat 2019), percentuale ampiamente cresciuta con la chiusura delle scuole a causa del Covid-19, che ha causato la perdita di un’ancora di salvataggio per le famiglie più fragili.

La mensa post-lockdown
La scuola è ripartita quasi ovunque con la mensa scolastica e già questo è un successo che non era scontato. Poche realtà hanno rinunciato alla mensa scolastica che rimane un fattore essenziale per alimentare quei bambini che appartengono a fasce sociali fragili. Il fattore proteico dei menù scolastici è l’aspetto che più va a compensare un’alimentazione povera nelle famiglie indigenti, il cui numero è cresciuto con la pandemia.

Il rischio delle monoporzioni, il ruolo della società civile e ANCI
Durante l’estate c’è stata una forte pressione verso l’adozione del lunchbox. Secondo quanto riportato dagli organi di stampa, il lunchbox doveva essere composto da pasti semplificati, o da piatti monoporzioni termosigillati (primo, secondo e contorno), o ancora un piatto unico termosigillato, e poi bicchieri e posate usa e getta. La società civile si è mossa compatta con campagne d’informazione (petizione #salvalamensa su Change.org, appelli alle istituzioni, campagne stampa) per contrastare la fake news diffusa attraverso i media secondo la quale le monoporzioni sono la soluzione più sicura. Con solide basi scientifiche (Report Agenzia europea per il controllo delle malattie ECDC su Covid e scuola; i documenti dell’Oms e dell’Iss sul tema Covid-19 e sicurezza alimentare) si è smontata un’informazione falsa e si è fatta luce sui maggiori rischi di questa opzione: aumento esponenziale di rifiuti (plastica e cibo), perdita di fragranza dei cibi, impoverimento del potere nutrizionale e protettivo del pasto e reazione conflittuale delle famiglie.

Anci si è attivata con urgenza per chiedere chiarimenti al Miur sulla questione Lunchbox e monoporzioni presentata dal Cts come extrema ratio e poi come unica soluzione percorribile, secondo il Protocollo sicurezza siglato con i sindacati. Grazie ad Anci, il Ministero ha chiarito i criteri di erogazione del pasto, specificando che con il termine monoporzione s’intende solo la singola porzione scodellata al bambino, restituendo chiarezza alla regolamentazione.

Dove si mangia
La regola è più igiene, aereazione e distanziamento che impone più turni in mensa e, là dove il refettorio è stato requisito per la didattica, si mangia in classe. Per lo più convivono sistemi ibridi con consumo del pasto sia in refettorio che in classe, con rapporti inversi secondo il modello organizzativo di ciascun Comune: a Trento il 12% mangia in classe e l’88% in refettorio, mentre a Rimini è l’inverso. Alcuni refettori si sono dotati di plexiglass per separare le classi.

L’acqua
La bottiglietta di plastica sembra la soluzione più semplice per chi mangia in classe. Il 23% ha scelto la plastica, mentre resiste la soluzione della caraffa soprattutto in refettorio. Il problema nasce quando il bambino chiede un rabbocco del bicchiere precedentemente servito dall’addetta mensa, risolto il più delle volte dalla disponibilità dell’insegnante. La borraccia è la new entry che risolve la questione plastica in classe, ma non vede tutte le Asl d’accordo, per le modalità di pulizia che la famiglia deve garantire a casa.

Le stoviglie
La nota più dolente è l’invasione di stoviglie monouso soprattutto se si mangia in classe. C’è chi privilegia il monouso compostabile e chi come Trento non può permetterselo, perché il Comune non è dotato di sistemi di smaltimento del compost e quindi sceglie la plastica, come soluzione almeno riciclabile. Venezia adotta la scelta più sostenibile aggiungendo le borracce (offerte dal Comune) a una buona pratica adottata da anni dalle famiglie, che consente di utilizzare le stoviglie portate da casa ogni giorno dai bambini.

I menù
I menù purtroppo si appiattiscono e si perdono molti brodi e minestre. Si semplificano le ricette con tante paste in bianco, al pomodoro o al pesto, più pizze, mentre le polpette di carne si semplificano in bocconcini. Questo sembra essersi reso necessario perché l’aumento dei turni in mensa, anticipati anche prima di mezzogiorno, riduce il tempo per cucinare, così come servire i brodi ai bambini che mangiano nelle classi è più complicato.

L’assenza di controlli
Si riducono i controlli in mensa o addirittura scompaiono. Non è ancora chiaro se e come potranno entrare i genitori a scuola a fare ispezioni in refettorio, o almeno assaggiare il pasto fuori dalle classi o dai refettori. La questione del controllo è addirittura vietata dal Comune di Roma e sospesa a Milano.

Costi
In generale sono aumentati i costi per i Comuni che si sono fatti carico dei maggiori oneri dovuti agli investimenti in attrezzature, stoviglie monouso e personale. Andrebbero calcolati i costi ambientali dei rifiuti prodotti dal materiale monouso e monoporzioni impiegati quotidianamente per ogni bambino (circa 40%) di cui invece non si tiene conto.

Forza lavoro
Per la prima volta dopo continui tagli del personale nella ristorazione collettiva, ridotto di 15.000 unità in vent’anni, torna a crescere la forza lavoro per far fronte alle nuove esigenze organizzative. Rimini se ne fa un vanto e valorizza il ruolo sociale della mensa scolastica che dà lavoro anche a persone disagiate. Nel Comune di San Martino di Lupari (Pd), dove la mensa è gestita dai genitori, sono state assunte 10 persone, 5 delle quali mamme della scuola.

Cucine
Chi ha mantenuto le cucine e non ha centralizzato la produzione dei piatti si è trovato nella condizione di lavorare meglio, rispetto a chi invece si è trovato a consegnare i pasti alle scuole dove i turni in mensa sono aumentati e anticipati, quindi a dover ripensare i tempi di cottura e semplificare i piatti. Montefano (Mc) va in controtendenza e fa una rivoluzione: apre la mensa, che a sua volta apre al tempo pieno, ma vincolandola alla costruzione di una cucina interna alla scuola, perché l’obiettivo chiaro al sindaco, Angela Barbieri, è non prescindere dalla qualità del pasto.

Conclusione
I vantaggi della mensa post-lockdown sono: più silenzio sia in refettorio che in classe, l’investimento sulla forza lavoro, qualche sperimentazione come la possibilità di mangiare in classe, i nuovi carrelli termici, su cui si è investito tanto, e le borracce, a volte comprate dal Comune e a volte dai genitori. Plastica, rifiuti e assenza di controlli da parte delle famiglie sono le note più dolenti, insieme alla monoporzione termosigillata in qualche realtà. 

Il lunchbox con le monoporzioni non ha vinto. Ha vinto la conoscenza e il senso di responsabilità della maggior parte dei Comuni che hanno scelto di mantenere lo scodellamento. Le monoporzioni ci sono, ma solo in quelle situazioni dove le classi non sono raggiungibili con i carrelli termici o in quei pochi Comuni che hanno scelto questa soluzione costosa e impattante sulla base di informazioni parziali e confuse.

Si allarga la forbice tra chi dà un senso sociale ed educativo alla mensa, come Cremona che vince il 5° Rating dei menù scolastici e gli altri Comuni ai vertici della classifica, e chi la considera una commodity. Tra chi appiattisce i menù e chi continua a cucinare, investendo nella forza lavoro, seppur con più difficoltà e maggiori costi per mantenere lo stesso standard qualitativo di prima del lockdown. In epoca di pandemia le cucine e i cuochi stanno alla qualità come gli ospedali e i bravi medici stanno alla salute: più sono diffuse le cucine sul territorio e i cuochi sono formati e più è facile ‘curare’ l’alimentazione che, in attesa di vaccini, è la migliore arma che abbiamo, insieme a mascherine e distanziamento, per proteggere la salute.

Metodo d’indagine L’indagine valuta l’equilibrio e l’impatto sull’ambiente di una cinquantina di menù scolastici italiani rappresentativi del 28% circa del panorama della ristorazione scolastica a livello nazionale. Per l’indagine è stato adottato l’impianto del questionario Menù a punti, sviluppato dall’Asl2 di Milano. I parametri del questionario si basano sulle Linee Guida della Ristorazione Scolastica, sulle Raccomandazioni dell’Oms, le indicazioni dello Iarc e i Cam (2011). Il questionario viene generalmente compilato da genitori, commissari mensa delle varie città coinvolte nel panel, personale Asl, dietisti e responsabili mensa. La redazione di Foodinsider si è impegnata a raccogliere i dati del questionario, verificarli e a sottoporre l’esito alle Amministrazioni coinvolte, o all’operatore sanitario a cui compete l’approvazione del menù, o ai fornitori del servizio, affinché possano integrare o correggere eventuali informazioni.

Risultato La valutazione evidenzia un punteggio complessivo e punteggi specifici per diversi parametri.

In cima alla classifica si trovano i menù che hanno ottenuto un punteggio più alto e, sulla carta, risultano essere equilibrati e in linea anche con le Raccomandazioni dell’Oms e con le indicazioni dei Cam.

Nota La presente indagine non assume valenza scientifica e non intende esprimere alcun giudizio rispetto alle prestazioni professionali espletate dalle società o degli enti locali che erogano il servizio di refezione scolastica. L’indagine mira a rilevare la frequenza, la qualità degli alimenti e l’impatto sull’ambiente dei menù offerti nelle mense scolastiche e lascia agli operatori sanitari la facoltà di esprimere osservazioni in merito. Qualora gli enti o le società coinvolte ritenessero che l’esito del questionario non fosse corretto o che alcune risposte specifiche non corrispondessero alla realtà si procederà a verificare, su segnalazione degli interessati, l’errore e a pubblicare l’errata corrige.

I dati attingono da informazioni pubblicate dai Comuni all’interno della tabella dietetica e dalle informazioni ricevute via email dal personale amministrativo dei vari Comuni coinvolti nel panel. Per il conteggio della carne si è tenuto conto sia di quella rossa (seguendo le indicazioni dell’Oms, quindi considerando la carne di vitello tra quelle meno raccomandate e quindi contandola all’interno delle carni rosse), che di quella bianca (pollo, tacchino e coniglio) e degli insaccati.