La mensa che divide

conflittoRicorsi al TAR, Comunicati stampa, lettere, sfoghi su Facebook, è questo quello che esprime la mensa oggi? La mensa si è trasformata da conquista sociale a terreno di scontro? La mensa, spazio d’inclusione e momento conviviale nel tempio dell’educazione scolastica, ora divide e crea solchi?

Ogni giorno s’inciampa su un nuovo motivo di contrasto che vede due fronti contrapposti: la burocrazia, con i suoi apparati istituzionali, e i genitori. Le Amministrazioni che impongono la mensa da regolamento e i genitori che fanno ricorso al TAR, la mensa che tarda a partire per inefficienza del Comune e i genitori che chiedono di avviare il tempo pieno a prescindere dal servizio di ristorazione scolastica; burocrazia ottusa e diritti calpestati, sono queste le ragioni per le quali si spendono fiumi di inchiostro in querelle, a volte, paradossali.

Come la mamma di Milano che dopo un colloquio telefonico con l’ufficio rette ha inciso la sua rabbia su Facebook, con uno scritto pungente, a tratti divertente, ma profondamente amaro: non vedersi riconosciuto lo sconto previsto per chi ha più figli iscritti alla mensa perché le bambine hanno cognomi diversi. A nulla vale lo stato di famiglia per dimostrare la sorellanza. Eppure la ‘colpa’ del doppio matrimonio sembra sciogliersi quando la mamma si gioca la carta della vedovanza, allora sì, sembra che qualcosa si possa fare…

Oppure la mamma napoletana che scrive al Sindaco una lettera piena di ironia e sarcasmo, che esprime tutto il disagio e il disappunto di genitori costretti ogni giorno a ritirare i figli da scuola alle 12.45, ingaggiando nonni, baby sitter o consumando permessi di lavoro, perché la mensa a Napoli ancora non c’è e le scuole non avviano il tempo pieno: una beffa per lo Stato che paga insegnanti che lavorano a metà e una difficoltà enorme per le mamme che lavorano. Una ‘tirata di orecchie’ al Sindaco che ha aggiunto una sovrattassa di 15 euro per l’iscrizione al servizio per l’organizzazione della mensa che non c’è  ancora: ‘Insomma, io se dovessi fare, pianificare, calendarizzare, prevedere, l’organizzazione generale della refezione scolastica delle scuole di tutta la città, cercherei di organizzarmi un attimino prima che inizino le scuole dette, o no?’

Poi c’è il Sindacato che sembra esprimere una realtà fuori dal tempo e ingaggia i genitori in uno scontro dialettico che sfodera codici e codicilli come i carri armati del Risiko. Gli attori di questo ennesimo contrasto sono il sindacato Gilda e i genitori ricorrenti contro l’obbligatorietà della mensa, ovvero i sostenitori del ‘pasto da casa’. A colpi di note stampa si affrontano insegnanti che circoscrivono la loro competenza alla mera ‘attività di docenza’, la lezione in classe, e genitori che rispondono ‘il tempo mensa è tempo scuola’. La mensa non è solo uno spazio dove consumare il pasto, ma è un momento educativo dove le insegnanti non fanno mera sorveglianza, ma prestano assistenza ‘educativa’. L’insegnante in mensa può fare la differenza tra un pasto scartato per diffidenza e un assaggio educativo che porta al consumo, insegna ad accogliere le differenze tra un pasto etico religioso, quello convenzionale, o quello portato da casa, insegna l’inclusione e le regole di convivenza. Il valore di un maestro non è solo nella qualità delle nozioni che trasmette a lezione, ma soprattutto nei valori che insegna con parole e azioni. Le nozioni passano, i valori restano.

La mensa come terreno di scontro ha perso senso e il buon senso.
E’ diventata espressione di quel malessere che si esprime quando le istituzioni non rappresentano più i cittadini, diventano auto-referenziali e difendono interessi che poco hanno a che vedere con il diritto dei bambini di crescere sani e sereni a scuola.

E’ ancora possibile costruire un’alleanza intorno a valori condivisi?