DDL 2037 sulla ristorazione collettiva: ascoltate le aziende, i genitori no

governo-italianoIl nuovo Disegno di legge nr. 2037 che si pone l’obiettivo disciplinare la ristorazione collettiva, ascolta gli operatori del mercato, le aziende di ristorazione collettiva, ma si dimentica dei principali utenti del servizio, le famiglie. L’Associazione Nazionale della Ristorazione Collettiva è stata ascoltata dinanzi dalla Commissione Agricoltura, nell’ambito dell’esame del disegno di legge n. 2037, mentre nessuna rappresentanza degli utenti del servizio è stata invitata a partecipare ad alcuna audizione sul tema in oggetto.

E’ questa la principale lacuna evidenziata dall’Avvocato Alessandra Bircolotti durante il convegno del 18 ottobre (a cui ha partecipato in qualità di rappresentante della rete nazionale delle commissioni mensa) che ha affrontato il tema delle mense scolastiche in Italia a partire dai dati del monitoraggio civico di Cittadinanzattiva. Il disegno di legge in discussione in questi giorni in commissione Agricoltura ‘non fornisce alcuno strumento utile per garantire la partecipazione dei genitori, fondamentale per la qualità del servizio’. Si tratta di un argomento che ‘vista la delicatezza del settore e la specificità delle questioni, non può prescindersi dalla formulazione di un capitolo a parte dedicato esclusivamente alla refezione scolastica’.
Quindi nessuna attenzione specifica al mondo della refezione scolastica e nessun riferimento agli strumenti di partecipazione delle famiglie nell’ambito di questo servizio. L’avvocato Bircolotti nel suo intervento chiarisce che nel DDL 2037: non possono non predisporsi strumenti di partecipazione orizzontale a monte – oltre che a valle – da parte dei genitori, che sono una componente fondamentale del servizio.
Non può quindi prescindersi dall’ istituzione obbligatoria delle commissioni mensa in ogni scuola e dalla predisposizione di strumenti che rendano operative le stesse commissioni, come l’introduzione di una clausola ad hoc che ne renda obbligatorio il parere, ad esempio in merito a determinate questioni, come quella cruciale della selezione dei fornitori e delle derrate alimentari.
Un parere che, seppure non vincolante, lo renda imprescindibile ed obblighi la ditta di ristorazione a dare giustificazioni scritte in merito alle proprie scelte, non condivise o comunque poste in dubbio dai genitori.

Anche Francesca Rocchi, vice-presidente di Slow Food, e Anna Lisa Mandorino, vice segretario generale di Cittadinanzattiva, condividono il fatto che la partecipazione dei genitori sia imprescindibile all’interno di in un servizio così delicato come quello della refezione scolastica, soprattutto perché la realtà conferma che là dove ci sono genitori attivi e partecipi si registrano menu qualitativamente migliori e un grado di soddisfazione alto da parte delle famiglie.

Molto insidiosa invece è la qualificazione del servizio di refezione scolastica in termini di servizio pubblico essenziale, invece che a domanda individuale, su cui l’avvocato Bircolotti si pone molte domande: Se dovesse, infatti, rimanere a pagamento come ora, cosa cambierebbe? Diventerebbe obbligatorio? E se anche diventasse obbligatorio ma gratuito (impossibile la seconda, verosimile la prima), la partecipazione dal basso da parte dei genitori come sarebbe configurabile? Potrebbe essere cancellata del tutto. Ecco allora perché non sono state predisposte norme a garanzia delle commissioni mensa?

Sembra molto improbabile che ci siano risorse economiche per rendere questo servizio gratuito, più realistico pensare a dei contributi e delle regole per rendere il costo sostenibile e coerente all’interno delle varie aree geografiche. Sull’obbligatorietà della mensa, in questo momento di particolare tensione, che scardina monopoli e interessi economici, suona come una provocazione più che una proposta di buon senso.