Con la nota del 21 ottobre il Direttore del Ufficio Scolastico Regionale per il Piemonte, Fabrizio Manca, ribadisce al Comune di Torino che il refettorio è l’area dove anche i bambini con il pasto da casa devono mangiare. Dalla segnalazioni dei genitori si viene a sapere, infatti, che il Comune nei suoi sopralluoghi in alcune scuole ha vietato l’uso del refettorio ai bambini con il pasto da casa. Di conseguenza il Direttore bacchetta il Comune e ribadisce, come dichiarato nella nota del 14 ottobre, che ‘l’unica modalità applicativa idonea a tutelare i diritti e le scelte di tutte le famiglie, salvaguardando al contempo la continuità dell’erogazione dell’offerta formativa e i valori educativi e di socializzazione propri del tempo pieno e del tempo prolungato sia costituita dalla possibilità di consumare il pasto domestico nei locali adibiti a refezione scolastica, anche attraverso l’individuazione di apposite aree dedicate’. Scuola e Comune si trovano quindi contrapposti: da una parte l’Ufficio Scolastico Regionale per il Piemonte a metà ottobre dice sì al pasto da casa consumato nel refettorio e, dall’altra, il Sindaco Appendino, qualche giorno dopo, notifica il ricorso in Cassazione contro la sentenza della Corte d’Appello di Torino che riconosce libertà di scelta tra pasto da casa e pasto della refezione comunale. Il Sindaco motiva questa scelta dichiarando ‘crediamo in questo servizio come la migliore scelta per i nostri bambini, ed esporremo tutte le nostre ragioni per sostenerlo‘ ma sembra probabile che ci siano anche (o soprattutto) motivi economici da tutelare. Torino, con la mensa più cara del nord Italia, (1.400 euro all’anno) ottiene un grosso contributo per chiudere i Bilanci del Comune. Il servizio di refezione scolastico sembra essere diventato, più che un servizio fine a se stesso, uno strumento per far cassa.
Un passo in avanti e due indietro, anche se sul piano temporale le due iniziative si esprimono su piani distinti. A livello pratico le scuole del Piemonte si avviano ad aprire i refettori alla gestione del pasto misto, con alunni che mangiano il pasto della mensa e chi consuma il pasto da casa, mentre sul piano legale l’esito del ricorso in Cassazione si vedrà tra circa tre anni, se va bene.
Intanto prosegue l’effetto virale della sentenza che sta arrivando anche al sud Italia, dopo Genova, Milano e Venezia (il Comune veneziano ha già comunicato ai genitori che creerà zone distinte all’interno del refettorio per coloro che consumeranno il pasto da casa) si aggiungono Lucca, Pistoia e di recente anche Fiumicino, dove sono una cinquantina i bambini che vorrebbero portare il pasto da casa.
Il paradosso sta un po’ più a sud a Reggio Calabria o nella provincia di Catania dove, il servizio di refezione scolastica non c’è ancora e i genitori si portano il pasto da casa, ma stanno pensando di organizzarsi in autonomia con un catering per i bambini a scuola.
Da nord a sud ecco che si configurano nuovi scenari in un panorama variegato e contraddittorio che anche la ricerca di Cittadinanzattiva ha dipinto con i suoi chiari e scuri.